Quando ho deciso di trasferirmi in Inghilterra lavoravo a tempo pieno per una società finanziaria. Non mi sono però licenziata subito, ma ho chiesto un anno di aspettativa. Avere un piano B a portata di mano è sicuramente meglio di fare un salto nel vuoto, soprattutto se non conosci ancora la cultura e le abitudini del posto in cui andrai a vivere.
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Perché prenderti un anno tutto per te
All’estero prenderti un anno libero per viaggiare o studiare è molto più comune che in Italia, anche grazie alla maggiore flessibilità e attitudine al cambiamento. Quando lavoravo in ufficio sentivo sempre i colleghi lamentarsi del lavoro sempre uguale oppure della crisi. Quasi nessuno di loro ha preso delle decisioni che portassero ad una strada differente del lavoro dipendente da impiegato.
A me stare tutto il giorno al computer a usare Excel piaceva, quello che pativo era condividere gli spazi dell’open space con altre persone di carattere opposto. Con queste premesse, prendere un anno di aspettativa mi ha anche aiutato a capire cosa amo della vita da ufficio e quali sono gli ambiti su cui lavorare per migliorare.
Che cos’è l’aspettativa dal lavoro?
L’aspettativa dal lavoro è la possibilità, per un dipendente a tempo indeterminato, di sospendere il rapporto di lavoro per dedicarsi ad un’altra attività non lavorativa. Al termine di questo periodo di assenza, se decidi di rientrare in azienda, ritrovi la tua situazione congelata all’ultimo giorno di lavoro, con lo stesso livello contrattuale e scatti di anzianità.
In pratica, il periodo di aspettativa permette a un lavoratore dipendente di recuperare del tempo per sé stesso senza perdere la sua posizione. L’aspettativa può essere retribuita o non retribuita, a seconda della motivazione. Di solito è non retribuita, ovvero non riceverai lo stipendio per tutto il periodo di assenza dal lavoro.
I motivi per cui puoi chiedere un anno di aspettativa
I motivi per cui è possibile chiedere aspettativa sono elencati nella Legge 53/2000. Te li riassumo di seguito così non devi stare a spulciare tutti i punti della legge di riferimento.
Puoi chiedere un periodo di aspettativa, anche più o meno lungo di un anno, per:
- gravi motivi familiari
- assistenza a un familiare disabile
- motivi di salute
- motivi personali
- dopo la maternità facoltativa
- formazione e studio
- ricongiungimento con il coniuge all’estero
- volontariato
- per ricoprire cariche pubbliche a seguito delle elezioni
- avvio di un’attività professionale o imprenditoriale
Non prendere però questo elenco alla lettera, la legge è un contenitore generale che dà delle linee guida. Sono infatti i singoli contratti di lavoro a dettagliare le varie motivazioni nello specifico. Alcuni di questi motivi infatti valgono solo per i dipendenti pubblici, come ad esempio l’avvio di un’attività o il ricongiungimento del coniuge all’estero.
Prima di fare richiesta al tuo datore di lavoro ti consiglio di leggere attentamente cosa prevede il tuo CCNL, ovvero il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, ed eventuali contratti integrativi aziendali, spesso più favorevoli della normativa generale.
Io per esempio provenivo dal settore bancario, per cui i miei riferimenti erano l’ultimo CCNL ABI e il contratto integrativo della mia azienda. Il contratto collettivo, qualsiasi sia il tuo tipo di lavoro, viene in genere rinnovato ogni quattro o cinque anni. Assicurati quindi di leggere sempre l’ultima versione, chiedi un chiarimento al tuo sindacalista in azienda, oppure direttamente al sindacato di categoria.
Il datore di lavoro è obbligato a concederti aspettativa?
Puoi richiedere un periodo di aspettativa per vari motivi, compresi quelli personali. Tuttavia è il tipo di contratto che definisce i tempi, i requisiti e l’eventuale accettazione della tua richiesta. L’accettazione infatti non è automatica, ma a discrezione del datore di lavoro per i motivi non regolati dalla legge.
Per esempio, l’aspettativa per assistere un familiare con una grave disabilità viene sempre accettata. Inviare una richiesta di aspettativa all’ufficio del personale per andare a prendere il sole in Tailandia non è invece il modo migliore per ottenerla!
La sincerità è fondamentale, non solo perché le bugie hanno le gambe corte e i colleghi sono pettegoli, è importante soprattutto per dare un senso alla tua richiesta. Studio, volontariato, esperienza all’estero sono valide motivazioni che possono arricchirti di esperienze riutilizzabili all’eventuale rientro in azienda. Chiedere aspettativa perché non hai voglia di lavorare invece è inutile e pure difficile da spiegare al responsabile delle Risorse Umane!
Durante l’aspettativa riceverai il tuo stipendio?
Il periodo di aspettativa in genere non prevede retribuzione. Questo significa che sarai senza stipendio per tutti i mesi in cui non lavorerai. Fai quindi bene i conti prima di prendere questa decisione!
Ci sono solo due casi in cui puoi ricevere lo stipendio durante l’aspettativa. Il primo è durante un dottorato di ricerca che non prevede retribuzione, e solo se sei un dipendente pubblico. Il secondo se assisti un familiare con grave disabilità. I riferimenti sono la Legge 388/2000, D.Lgs. 151/2001 e la Legge 104/92. In quest’ultimo caso lo stipendio viene pagato dall’INPS a cui è necessario inoltrare la richiesta. Non è però il genere di aspettativa da richiedere per viaggiare o trasferirti all’estero.
Cosa comporta essere in aspettativa
Durante l’aspettativa la tua situazione lavorativa viene congelata, compresa l’anzianità. In pratica, durante il tuo anno sabbatico non maturerai nessun automatismo di livello, né ti verranno versati i contributi per la pensione. Inoltre al momento della richiesta devi considerare che durante il periodo di aspettativa non puoi avere un altro lavoro dipendente.
Puoi contare solo sui tuoi risparmi e su eventuali collaborazioni o attività autonome che sarai in grado di mettere in piedi. Attenzione anche che se il tuo contratto prevede delle clausole di non concorrenza, non puoi neanche svolgere collaborazioni nel tuo stesso ambito di provenienza. Per esempio nei servizi finanziari.
Nel caso trovassi un altro lavoro dipendente, il tuo datore di lavoro potrebbe chiederti di licenziarti, pena la perdita del periodo di aspettativa. Ti consiglio quindi di leggere bene tutte le clausole del tuo contratto collettivo, dell’eventuale contratto integrativo e di fare bene i conti con i tuoi risparmi prima di prendere questa decisione.
Il tuo lavoro fisso sarà sempre lì ad aspettarti, ma la mancanza dello stipendio è un fattore da non sottovalutare. Così come eventuali imprevisti che potrebbero capitarti durante questo periodo. Io stessa mi sono trovata in difficoltà i primi mesi senza ulteriori entrate, nonostante avessi programmato tutto nei minimi dettagli.
In altri articoli sul blog ho spiegato il metodo che ho utilizzato per prevedere spese e imprevisti, e come puoi gestire le tue finanze con l’obiettivo di un anno di aspettativa. Trovi tutti questi contenuti, con ulteriori approfondimenti, nel mio e-book Piccolo manuale sull’aspettativa di una travel blogger appena tornata. Io sono di parte, ma è davvero il libro che avrei voluto leggere prima di partire!