Uno dei blog che seguo da sempre per la sua divertente ironia è La ragazza approssimativa. Avendo lo stesso senso dell’umorismo e una comune passione per il cibo, per me è stato un piacere ospitare la sua esperienza gastronomica in Austria. In questo articolo Francesca, racconta i piatti che ha gustato tra patate e torte al cioccolato.
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Alla scoperta di Innsbruck con Francesca
Circa due mesi fa ho fatto un bel viaggio on the road insieme al mio fidanzato, partendo da Livorno e arrivando fino in Austria, dove ho visitato due città in particolare: Innsbruck e Salisburgo. In questo post si parlerà della prima, anche perché nella seconda, ahimè, ho visto (e mangiato) ben poco a causa di una inopportunissima e bestemmiatissima storta alla caviglia che mi ha portato dritta dritta al pronto soccorso.
Premetto che per me viaggiare è un’esperienza fantastica sotto tutti i punti di vista, specialmente quello gastronomico. Sono sempre stata una buona forchetta e adoro provare sapori e cibi che non conosco, quindi l’Austria mi incuriosiva parecchio, nonostante la maggior parte di amici e conoscenti mi avesse avvisata del fatto che nella cucina tirolese fossero onnipresenti le patate, insieme a crauti, wurstel e carne in generale, sempre accompagnati da, indovinate cosa? Patate, esattamente.
Dio salvi la patata, a me piace moltissimo, soprattutto fritta, ma dopo cinque giorni in quel d’Austria di patate ne avevo, come dire, le patate piene.
Prima cena a Innsbruck: carne e tante, tante patate.
Prima della partenza io e il mio fidanzato ci eravamo debitamente documentati su diversi siti e travel blog, facendo gli screenshot delle pagine visitate in modo da ricordarci i posti in cui era consigliabile mangiare.
La prima sera a Innsbruck quindi eravamo agguerritissimi: avremmo cenato allo Stiefskeller, un locale tipico con prezzi modici e ottime recensioni. Una volta giunti sul posto entriamo e col nostro inglese approssimativo balbettiamo “Hello”, cercando di incrociare lo sguardo di quello che ci sembra un cameriere. Lui passa dritto ignorandoci bellamente. Chi ben comincia…
Nel frattempo ci guardiamo intorno: il ristorante è strapieno, i tavoli pullulano di gente nonostante siano appena le otto, ma poi ci ricordiamo che in Austria si cena presto: tutto nella norma. Dopo aver vagato un po’ a destra e un po’ a sinistra con il classico sguardo sperduto da turisti che non sanno parlare la lingua del paese in cui si trovano e che cercano di capire come fare meno figure di merda possibile, alla fine riusciamo a intercettare un altro cameriere e a chiedergli se possiamo accomodarci da qualche parte.
Il ragazzo nemmeno si ferma e, continuando a camminare col vassoio in mano, urla: “Everywhere you want!” o qualcosa del genere. Io e il mio compagno facciamo spallucce e, un po’ intimiditi, cerchiamo dove sederci. Troviamo quasi subito due posti in un tavolo in condivisione con una bionda famigliola. Preoccupati dall’impressionante mole di commensali presenti, pensiamo all’unisono che la situazione è grigia…con un po’ di fortuna saremmo riusciti a mangiare dopo quarantacinque minuti.
Come ordinare al ristorante senza sapere il tedesco
Ne passano appena due ed ecco che arriva di gran carriera una cameriera super sorridente che ci lascia un menu. Iniziamo a leggere o meglio, proviamo a leggere e ovviamente è tutto in tedesco. Ci sono anche le traduzioni in inglese ma col nostro livello B1 non è che se ne cavi piede più di tanto.
Alla fine io ordino una roba impronunciabile che sono sicura contenga patate, carne e speck e il mio fidanzato un piatto di wurstel con contorno di, udite-udite, patate. Con nostra grande sorpresa il tutto arriva fumante in tavola dopo nemmeno dieci minuti di attesa. Il mio mappazzone comprende gli ingredienti immaginati più un bell’uovo al tegamino spiattellato sopra a mo’ di coperchio, che ci sta da dio. Spazzolo il cibo in tempo record, innaffiando il tutto con una bella 0,40 di birra, ben consapevole che la mattina dopo mi sveglierò gonfia come un pallone.
L’esperienza mistica al Café Sacher
Non si può andare in Austria e non assaggiare la Sacher che del resto, insieme alla torta di mele, è uno dei miei dolci preferiti. Tra i posti che ci avevano segnalato figurava il Café Sacher e, fregandocene della panza già strapiena, dopo lo Stiefskeller scegliamo di fare tappa lì per chiudere in bellezza la serata e ostacolare ulteriormente i processi digestivi.
Già sapevamo che non sarebbe stata un’esperienza economica, tuttavia non volevamo privarcene. Una volta giunti davanti all’ingresso ci lasciamo prendere dallo scoraggiamento, dovuto al fatto che sembrava (ed è) un posto sciccosissimo. Dall’interno proviene una musica da camera sommessa, si intravedono luci soffuse e camerieri in quello che sembra una specie di smoking.
Io sono vestita da turista/barbona, il mio fidanzato è anche lui in versione diciamo casual: in breve, stiamo per girare i tacchi quando sentiamo due voci che intonano a squarciagola uno stonatissimo “Happy Birthday”. Allunghiamo il collo verso l’interno del locale e notiamo due giapponesi seduti che festeggiano il compleanno del loro bambino come se si trovassero nel peggior bar di Caracas. A quel punto entriamo senza più alcun pudore.
Vino dolce e torta Sacher
Si avvicina immediatamente un cameriere giovanissimo e imberbe che ci porge il menu. Insieme alla Sacher ci sarebbe piaciuto assaporare un bicchiere di vino dolce, e cerchiamo di spiegarlo nel nostro maccheronico inglese. In lingua straniera il ragazzo, poveretto, è messo peggio di noi, e passano dieci minuti buoni in cui tentiamo di fargli capire cosa vorremmo. Al termine di questo siparietto semi-comico lui annuisce e va via, lasciandoci con il dubbio e la vaga speranza di non aver ordinato una bottiglia di qualcosa di pregiatissimo che costi tipo cinquecento euro.
Arrivano le nostre Sacher, splendide, accompagnate da un candido ciuffo di panna e due bicchieri di un liquido giallino che definire buono sarebbe offensivo: divino forse potrebbe rendere meglio l’idea. Completamente inebriati, blocchiamo di nuovo il cameriere per chiedergli come si chiami quello che stiamo bevendo e lui, dopo cinque minuti di un dialogo in cui nessuno dei tre capisce una mazza, per sfinimento si allontana e ritorna direttamente con la bottiglia.
Progettiamo di acquistarla, ma prima chiediamo il conto e lo scontrino riporta la cifra di ben trenta e passa euro. Improvvisamente decidiamo di lasciar perdere la bottiglia e accontentarci del ricordo e di qualche foto.
Per quanto riguarda la Sacher, posso solo dire che è stata all’altezza di quanto avevamo letto: eccezionale! Morbida, non eccessivamente dolce, equilibrata, cioccolatosa e marmellatosa al punto giusto: insomma, perfezione allo stato puro. Trenta euro ben spesi e mai rimpianti. Gustarla poi in un ambiente del genere, così elegante, con quelle luci soffuse, i divanetti e la tappezzeria rossi, i tavolini in marmo e quell’aria quasi rarefatta, beh, è sicuramente un’esperienza mistica, che non ha prezzo.
Per la cronaca, il giorno dopo il mio fidanzato ha provato la Sacher di un altro locale e non ricordava nemmeno lontanamente quella mangiata la sera prima.
Ultima cena a Innsbruck: altre patate
Il giorno seguente sarebbe stato l’ultimo a Innsbruck, pertanto progettiamo di mangiare qualcosa di diverso dalla triade patate-carne-crauti. Stavolta procediamo alla cieca, recandoci in centro e stabilendo di scegliere a sentimento. Peccato che il sentimento non sia in grado di chiamare un ristorante e riservare un tavolo, quindi in breve ci ritroviamo a vagabondare senza meta, e sotto la pioggia, dopo essere stati rifiutati da diversi posti, tutti pieni.
Alla fine troviamo un locale libero, di cui purtroppo non ricordo il nome. Sembra elegante e pulito, quindi ci accomodiamo fiduciosi. Arriva il menu e il copione si ripete: tutto in tedesco, traduzioni in inglese, il Wi-Fi per usare il traduttore non funziona, quindi ordiniamo le cose di cui ci sembra di aver intuito gli ingredienti: io una roba con carne bollita e il mio fidanzato, indeciso tra la cotoletta alla viennese e quello che avrei mangiato io, opta per la seconda opzione.
Con mio grande disappunto arriva il medesimo piatto assaggiato il giorno prima allo Stiefskeller: il mappazzone di carne, speck, patate e l’uovo sopra. Buonissimo, ok, però abbiamo un po’ rimpianto la cotoletta, che ha sempre il suo perché in qualsiasi parte del mondo.
Che dire, devo studiare un po’ di tedesco e tornare a Innsbruck per testare meglio la cucina locale. Comunque quel famoso mappazzone si chiama Gröstl e, scherzi a parte, è ottimo. Sulla Sacher non mi pronuncio oltre, credo di essere stata già sufficientemente esaustiva: se capiti da quelle parti non devi assolutamente perdertela!
11 commenti
Mai stata a Innsbruck, però la stessa atmosfera c’era a Salisburgo ed è super magico
Io ero stata a Innsbruck con un ex fidanzato, ma eravamo in auto e faceva troppo freddo quindi non ho goduto appieno del suo potenziale romantico/goloso
ahahah, mi ci sono rivista in toto! Lo scontro con il tedesco scritto non è mai piacevole e dover spiegare al cameriere quasi un trauma! Condivido tutto, dalle sorprese positive nello scoprire cosa hai ordinato, all’eleganza del Sacher Hotel e la bontà della Sacher torte. Per me che non ho mai amato troppo il cioccolato, una vera scoperta! 🙂
La Sacher originale è top ♥︎ ma il tedesco… aiuto!
Grazie per questo racconto…e per avermi fatto scoprire Francesca ed il suo blog, che non conoscevo. Mi pare proprio una tipa in gamba!
Io adoro La ragazza approssimativa, secondo me è uno dei blog più geniali e divertenti che ci sono 🙂
Non conoscevo Francesca e il suo blog quindi grazie per questo articolo: da oggi la seguirò come sanno fare solo i peggiori stalker.
Mi ha fatto morire dal ridere e mi fa pensare che sarebbe un’ottima compagna di viaggio!
Dobbiamo organizzare un blogtour noi tre e altre selezionatissime blogger, scegliere una destinazione e mangiare fino a scoppiare ahahah
Praticamente come faccio già quando vado da qualche parte: mangio fino a scoppiare
È stato davvero piacevole leggere questo articolo, l’ironia che trapela rende davvero allegra la lettura!
La Ragazza Approssimativa è divertentissima, io adoro il suo blog pieno di riferimenti culturali della nostra generazione, rivisitazioni scolastiche e recensione di riviste inutili 😀