Molte lettrici del mio blog sono troppo giovani per ricordarsi le vacanze vintage degli anni ’90. Eppure sono in un certo senso memorabili perché quegli anni sono stati il periodo di transizione tra la villeggiatura estiva in famiglia e i primi viaggi internazionali alla portata di tutti, grazie all’avvento di internet e dei voli low cost. Tra risate e nostalgia, in questo articolo le blogger della mia community Travel Blogger Italiane ricordano le loro esperienze.
Indice dei contenuti
I primi viaggi all’estero negli anni ’90
La generazione dei nostri genitori non ha viaggiato molto all’estero, soprattutto con i figli piccoli, perché i costi erano molto più alti di adesso e le lingue erano spesso una barriera insormontabile. Proprio per questi motivi le esperienze di viaggi intercontinentali degli anni ’90 delle blogger del gruppo sono ancora più preziose.
Ilaria di Ricordi in valigia ci racconta così i suoi primi viaggi oltre confine:
Insieme ad alcune care amiche sono riuscita a provare l’entusiasmo dei primi voli intercontinentali. Sono stati gli anni di tre viaggi, che oggi sembrano tanto comuni e facili da realizzare, ma che allora erano ancora un bel sogno ad occhi aperti per tante persone. Nella nostra nuova esistenza di giovani donne al lavoro con tante aspirazioni e desideri da realizzare, si faceva strada l’idea che il viaggio non fosse solo quello dell’estate (che ancora per qualche anno ho trascorso insieme ai miei cugini in Puglia), ma anche di altri periodi dell’anno, come ormai siamo abituati a fare oggi, con diverse pause durante l’anno.
Anna di PanAnna blog di viaggi invece aveva una famiglia giramondo:
Il primo volo lo presi intorno ai cinque o sei anni, all’epoca avevo una sola sorella (poi sono diventate due più il fratello sopracitato) e passammo un mese in Ecuador, dove viveva nostro zio missionario. Mi ricordo una frase che devo aver ripetuto spesso: ‘No me gusta la sopa’, ovvero non mi piace la minestra. In compenso avevo scoperto il choclo, ovvero il mais cotto e mangiato ancora in pannocchia, lo adoravo!
Per la mia prima Comunione, vinsi un viaggio da sola con i genitori (Giulia e Mario rimasero a casa con i nonni… santi subito pure loro!). Andammo a Israele la settimana di Pasqua, stavolta con un viaggio organizzato. (…) Feci la mia prima Comunione al Cenacolo, un’emozione enorme per i miei genitori, mentre io ammetto che non ne comprendevo appieno il senso. Però sapevo che non dovevo dire al prete del paese che io l’avevo già fatta, prima di quella ufficiale con i miei compagni di classe.
I mezzi con cui si viaggiava negli anni ‘90
L’aereo era un mezzo per poche fortunate perché una tratta Milano-Londra negli anni ’90 costava quanto un volo intercontinentale oggi e per le famiglie poteva essere un costo proibitivo.
Laura di IngirovagandoMum ha passato questo periodo scorrazzando in autobus in giro per l’Italia:
Il fil rouge di tutti gli altri viaggi che ho fatto negli anni ’90 si chiama autobus. Che si trattasse di una gita scolastica, dell’escursione organizzata dal CAI rigorosamente in Liguria o delle vacanze con la parrocchia, sempre in autobus ci si muoveva. All’epoca i bus erano ben più spartani, ma tanto il divertimento lo creavamo noi, correndo per accaparrarci i posti in ultima fila, a cantare con la chitarra gli 883, Baglioni, Ligabue, Bennato leggendo il testo nei libretti dei campi estivi.
Raffaella di Raf around the world invece ha scoperto i viaggi in treno grazie all’Interrail:
Anche viaggiare in treno negli anni ’90 era molto diverso da oggi. Gli orari si potevano consultare solo sui tabelloni della stazione e i biglietti si acquistavano nella biglietteria. Una volta saliti sul treno poi scordatevi il posto prenotato, chi prima arrivava prendeva il posto. Nei vagoni si poteva fumare e il sistema di aria condizionata consisteva nel tenere il finestrino abbassato per l’intero viaggio.
I treni ce li ha ricordati anche Alessia di Una valigia di emozioni (blog non più attivo):
Esistevano ancora numerosi treni notturni che attraversavano lo stivale da Nord a Sud e numerose erano le famiglie che raggiungevano la meta delle loro vacanze a bordo di un treno espresso o di un Intercity notturno. Si viaggiava tutta la notte e forse anche qualche ora del giorno per arrivare a quelle che erano le mete più gettonate: Calabria e Sicilia.
e poi continua con qualcosa che oggi ci sembra terribile:
Sui treni si fumava, come ovunque d’altronde, aerei compresi. Immaginatevi la puzza. Eravamo completamente assuefatti alla nicotina, bambini inclusi, e non c’era la benché minima sensibilizzazione nei confronti di questo tema.
Alcune di noi invece avevano famiglie avventurose che avevano optato per viaggiare con un furgone adattato a camper oppure avevano acquistato direttamente un camper vero e proprio.
Rossella di Fantastic nonna all’epoca era già sposata con figli e ci racconta la sua esperienza:
Negli anni Novanta la maggior parte dei viaggi che ho fatto con la mia famiglia (mio marito e i miei bambini) in giro per l’Europa è stata a bordo di un furgone Trafic che avevamo attrezzato a camper, molto artigianalmente. In realtà, il furgone era predisposto solo per viaggiare e dormire, non c’era toilette né cucina, ma eravamo comunque organizzati su tutto.
La struttura era in legno e alluminio, disegnata e costruita da noi, con la possibilità di inserire un’amaca tra le due portiere anteriori. Quando si viaggiava, i bambini stavano seduti sul lettino posto in fondo trasversalmente, oppure sdraiati sul materassone. Oggi tutto questo non sarebbe più possibile: le norme di sicurezza sono, come si sa, più rigide e probabilmente a un controllo il nostro bel furgone bianco, con una riga blu, ci verrebbe sequestrato.
Roberta di In viaggio con Lollo invece ha vissuto la passione per il camper dei suoi genitori da bambina:
Nel 1991, i miei genitori comprarono un furgone tutto scassato che verniciarono di rosso e le cui ammaccature celarono con adesivi in stile ‘avventurieri del nord’. (…) In seguito, causa gravidanza materna, i miei decisero di comprare un camper più adatto, un Ford Safariways nuovo di zecca.
Non dimentichiamoci infine dei viaggi in traghetto che Federica di Io viaggio così racconta in questo modo:
Si partiva da casa in auto e si arrivava a Livorno dove prendevamo il traghetto (rigorosamente di notte, così io e mia sorella dormivamo durante il viaggio). Arrivavamo ad Olbia la mattina dopo e da lì si ripartiva in auto verso uno dei villaggi che mia mamma aveva prenotato mesi prima.
I viaggi in auto degli anni ’90
Negli anni ’90 l’auto era il mezzo di trasporto per eccellenza e Laura di IngirovagandoMum racconta così quell’esperienza avventurosa:
Viaggi in macchina, con la Ritmo con il portapacchi perché le valigie non ci stavano tutte; con le soste all’autogrill solo per fare la pipì, perché il pranzo era rigorosamente al sacco nel frigo portatile rosso (e quindi i panini erano super farciti con almeno un cm di salume di spessore)
così come Daniela di Noi con le valigie:
Le code sulle autostrade erano una costante nei periodi di partenza. Ovviamente le auto erano senza aria condizionata! Il ricordo di quelle estati calde a macinare km sulle strade è ancora ben vivo nella mia mente.
Erica di Rivoglio la Barbie invece ricordata come le famiglie con bambini piccoli negli anni ’90 spesso trasformavano in letto il sedile posteriore, molto prima che venisse introdotto l’obbligo dei seggiolini a bordo:
Si partiva la mattina presto (prestissimo) per poter raggiungere l’hotel prima di pranzo. Mia madre preparava con grande cura i sedili posteriori con cuscini e coperta per permettere a me e a mia sorella di continuare a dormire (tradotto: per non rompere le scatole durante il viaggio). Lo spazio fra i sedili posteriori e quelli anteriori era occupato da borse e borsoni per non farci cadere durante il sonno (mia mamma ne sa una più del diavolo!).
Simona di Oltre le parole invece ha un ricordo decisamente più gustoso, con l’auto stracarica di delizie:
Partivamo noi nella nostra Triumph che all’epoca era il gioiellino di papà, e loro con la loro auto. Portavamo con noi pochi vestiti, d’estate si sa bastano quattro magliette e due pantaloncini per sistemare i bambini. Ma in compenso stipavamo la macchina di roba da mangiare. Non è che arrivati a destinazione negozi non ce ne fossero, ma vuoi mettere il salame fatto in casa dal nonno, e il vino buono del nonno, e i formaggi buoni del caseificio sotto casa, e dei taralli con le mandorle che solo quello di fiducia li fa così buoni?
Dove si dormiva nelle vacanze anni ‘90
Alcune blogger ricordano vacanze a casa dei nonni e appartamenti affittati grazie al passaparola. C’era anche chi, come la famiglia di Silvia di Dritte on the road, sceglieva di parcheggiare la roulotte in campeggio:
A quei tempi al camping non c’era la piscina, avevano pochissimi bungalow e le tettoie delle piazzole erano fatte di semplice stuoia. Non esisteva il ristorante ma solo un piccolo mini market per lo stretto necessario e un altrettanto minuscolo bar che oltre a gelati confezionati, bibite e caffè ti concedeva al massimo la scelta di un paio di amari. Il patio coperto che di giorno ospitava le partite di biliardino, la sera si trasformava in sala disco, con tanto di palla luminescente reduce dall’arredamento di anni addietro e uno stereo che suonava le hits del momento.
Chi preferiva soggiornare in hotel invece lo sceglieva di solito dai cataloghi di viaggio, come ricorda Federica di Io viaggio così:
Mia mamma andava in agenzia e si portava a casa i vari cataloghi, da dove, dopo aver spulciato un bel po’, sceglieva quello che più le piaceva.
Lo stesso ricordo accomuna anche Erica di Rivoglio la Barbie:
Grazie al passaparola e agli storici cataloghi delle strutture ricettive che venivano inviati su richiesta dalle (vecchie) aziende di soggiorno, si sceglieva l’hotel o la pensione che offrisse un buon rapporto qualità-prezzo. Non vi dico il numero di telefonate che mio padre faceva già a partire dal mese di aprile-maggio.
Francesca di Chicks and trip invece ci ha fatto tornare in mente l’epoca d’oro delle agenzie di viaggio:
I viaggi si prenotavano in agenzia, almeno quelli con l’aereo. Si andava fisicamente di persona, ci si sedeva, e con l’agente si prenotava il volo, l’hotel e gli spostamenti vari.
L’abbigliamento da viaggio degli anni ‘90
Pur avendo lasciato al decennio precedente gli outfit in colori fluo, dalle foto degli anni ’90 riemergono comunque capi di abbigliamento imbarazzanti. Laura di IngirovagandoMum ha dei ricordi molto vividi:
Riguardando le foto non ho potuto fare a meni di notare i look davvero improbabili e le pose da adolescente Giovane Werther: per la montagna in particolare non esisteva ancora l’abbigliamento tecnico a buon mercato di Decathlon, e si sfoggiavano tutone, giacche a vento e pile oversize. Per non parlare del costume intero, delle camicie a scacchi puro stile grunge, dei jeans con la vita ascellare.
Roberta di In viaggio con Lollo invece ci racconta il lato più fashionista dell’adolescenza della generazione X:
I braccialetti dell’amicizia o come si chiamavano loro: rosso per l’amore, giallo per i soldi e via discorrendo. Più ne avevi e più eri cool. Altre mode dell’epoca: i ciucci di plastica, da inserire nei lacci delle scarpe, i body (che dopo un po’ facevano malissimo!) e gli occhiali da sole rotondi o a cuore.
Samanta di Hopeless Wanderer ci ha ricordato come ci si vestiva per andare al mare:
L’agghiacciante dress code prevedeva solamente il costume ed un vestito copricostume, oltre a quegli odiosi sandaletti in plastica che, ancora oggi, tormentano i miei incubi peggiori.
Simona di Oltre le parole invece con le scarpe è stata più fortunata:
Gli zoccoletti di legno sul pavimento in mattonelle. Il mio amore per quegli zoccoletti era incredibile. Devo ammettere che credo di aver avuto un paio di quelle rumorosissime calzature fino all’avanzata età dei tredici anni! Li adoravo, li mettevo ovunque, per la gioia delle povere orecchie di chi mi stava accanto!
I sistemi di pagamento prima delle carte di credito
Negli anni ’90 le carte di credito in viaggio non erano ancora così diffuse. Inoltre non esisteva ancora l’euro come valuta comune e ogni Stato aveva la sua moneta. Lire, dracme, franchi e pesos erano immancabilmente da cambiare prima di partire, mentre la preoccupazione del ritorno era avanzare meno moneta possibile perché le banche avrebbero riscambiato solo la carta moneta.
In viaggio si girava quindi con una cifra consistente di contanti in valute differenti o con i travel cheque. Io non ho mai visto un travel cheque dal vivo, per cui lascio la parola a Rossella di Fantastic nonna:
Allora non disponevamo di carte di credito o di debito, e il rischio di perdere tutti i soldi era alto. Questi assegni erano pensati proprio per i viaggiatori: erano a importo fisso e si acquistavano in banca prima della partenza, per poi cambiarli via via nelle banche dei vari paesi toccati dall’itinerario. La comodità era data dal fatto che nel caso di furto o smarrimento potevano essere facilmente rimborsati senza ulteriori disagi.
Francesca di Chicks and trip invece preferiva portare con sé valuta pregiata, dollari prima dell’euro, da scambiare con la moneta locale:
Per gli spostamenti in Europa si scambiavano i soldi. Se la valuta del luogo non era disponibile (o non era conveniente) si compravano i dollari americani e si scambiavano sul posto.
Le mappe prima di Google Maps
Google non esisteva ancora e di conseguenza neanche Google Maps. Peggio ancora, non esistevano neanche i navigatori satellitari. Daniela di Noi con le valigie viaggiava come tutti con una cartina cartacea:
La scelta del percorso era affidata ad una cartina stradale e alla propria capacità di orientarsi su di essa. Nessuna indicazione del percorso più breve, nessuna deviazione segnalata per incidente, ci si affidava a buon senso ed esperienza, aprendo per bene la mappa sul cruscotto dell’auto e studiando il percorso. E chissà come mai, la cartina ovviamente non si riusciva più a piega come prima, diventando grossa il triplo di com’era all’inizio…
Le cartine degli anni ’90 erano un incubo soprattutto per la difficoltà a ripiegarle, Alessia di Una valigia di emozioni (blog non più attivo) se le ricorda così:
Ricordo mio padre sul divano nelle settimane precedenti la partenza con il Grande Atlante Stradale Italiano controllare la via giusta da percorrere almeno quelle 20 volte e poi lei, la mappa in macchina. Aperta diventava enorme ma per chiuderla erano dolori, nessuno riusciva mai a ripiegarla correttamente. La mappa aiutava a seguire il percorso per essere sicuri di non essersi persi e aver imboccato l’incrocio sbagliato. Alla peggio, quando il dubbio iniziava a far capolino ci si fermava e…si chiedeva!
La musica in viaggio negli anni ’90
Negli anni ’90 non esisteva Spotify, ma si ascoltava musica nelle audiocassette. Prima di un lungo viaggio in auto si registrava la compilation dell’estate. Roberta di In viaggio con Lollo la ricorda così:
Per ascoltare un po’ di musica, ci affidavamo alle cassette, da conservare all’ombra ché sennò si rovinavano. Cantanti pervenuti: Sting e i Queen.
Come telefonare a casa negli anni ’90
Negli anni ’90 non c’erano i cellulari per cui per avvisare i parenti rimasti a casa che il viaggio era andato bene ci si affidava cabine telefoniche. Francesca di Chicks and trip spiega come funzionavano:
Si usavano le cabine telefoniche, con le schede telefoniche oppure gli spicci. Al mare mi ricordo che si faceva la fila davanti alla cabina. Perché tutti chiamavano dopo cena ma prima di uscire. Se si era in un paese straniero, spesso si parlava col centralino per chiamare in Italia. Ricordo ancora il panico di fronte alla centralinista danese che mi chiedeva “Vil du ringe til modtageren?” E io che ripetevo ansiosa: “Italy! Italy!”
Alessia di Una valigia di emozioni (blog non più attivo) sceglieva invece il passaparola per avvisare nonne e zie:
Negli anni ’90 non si mandavano mille messaggi per informare tutta la famiglia, magari raccolta in un bel gruppo WhatsApp, dei più piccoli dettagli. Semplicemente si chiamava qualcuno della famiglia dalla cabina telefonica del paese quando si arrivava. Noi chiamavamo mia nonna Anna. Se qualche altra zia voleva avere notizie sapeva che doveva chiedere a lei. Durante la vacanza, che poteva durare una settimana come un mese, si chiamava a casa un paio di volte, giusto per dire come stavamo.
L’invio delle cartoline per sfoggiare le proprie vacanze
Negli anni ’90 i social network non esistevano. Non si poteva quindi postare foto in costume davanti a un mare cristallino su Instagram per fare invidia agli amici rimasti a casa. A dire il vero non c’era neanche il mare cristallino perché è stato il periodo delle alghe nell’Adriatico.
Il metodo in cui si dimostrava di essere andati in vacanza era l’invio delle cartoline postali. Daniela di Noi con le valigie era un’esperta:
Anche se non si andava all’altro capo del mondo o se si tornava sempre nello stesso luogo di villeggiatura, era d’obbligo scrivere una cartolina alle persone care. La scelta delle immagini più belle, attaccare i francobolli e scegliere le parole più adatte. Dai classici “Tanti saluti da…” alle frasi più originali, era sempre un’emozione trovare nella cassetta delle lettere una nuova cartolina indirizzata a me. Il segno che qualcuno mi aveva pensata, anche in vacanza.
Le cartoline mancano anche a Stefania di Girovagando con Stefania:
Un’abitudine che si sta perdendo è quella d’inviare cartoline mentre era una cosa che mi piaceva fare quando andavo via di casa anche solo per un giorno. Quando le ricevevo ero felicissima perché sognavo tanti posti dove speravo poi di andare e questa emozione mi è rimasta ancora oggi.
Le fotografie delle vacanze negli anni ’90
Negli anni ’90 non esistevano ancora le macchine fotografiche digitali per cui si scattava esclusivamente in analogico, utilizzando rullini da 12, 24 o 36 pose. L’idea di vedere l’immagine immediatamente non era neanche immaginabile perché non si poteva controllare il risultato finale fino alla settimana successiva, dopo aver portato il rullino a sviluppare.
Il marito di Rossella di Fantastic nonna era già un fotografo negli anni ’90 quindi racconta una visione più professionale delle foto di viaggio:
Tutti i viaggi erano ampiamente documentati, naturalmente in pellicola, negativi in bianco e nero o diapositive. Però, i rullini allora avevano un costo (circa ₤ 9.000 l’uno, sviluppo compreso) e questo aiutava a scattare in modo meno compulsivo e a scegliere più accuratamente le inquadrature, rispetto a quanto ci ha abituato il digitale.
Simona di Oltre le parole invece ricorda un formato diverso:
All’inizio le foto sviluppate non erano rettangolari. Eh già, il formato di una volta era quadrato infatti. Chi lo avrebbe mai detto che a distanza di così tanti anni poi, il famigerato Instagram ci avrebbe fatti tornare – involontariamente ed inconsciamente – a quello stesso formato!
Viaggi vintage: racconta le tue esperienze
Negli anni ’90 non c’era internet e di conseguenza non esistevano i travel blog per informarci e condividere i nostri viaggi. Se vuoi ricordarli scrivi la tua esperienza nei commenti o cerca gli articoli delle Travel Blogger Italiane con l’hashtag #viaggi90.
14 commenti
Bellissimo questo riassunto!!! Lo condivido subito perché merita di essere letto. Grazie per l’ottimo lavoro Paola.
Grazie a voi!!! Io mi sono solo limitata a fare il collage e confesso che mi sono anche divertita parecchio a rileggere tutti i nostri post!
Finalmente! Ma è bellissimo questo post cumulativo!! Dovremmo farne di più
Grazie Paola!!! Hai fatto davvero un bel riepilogo!!! Quanti ricordi di quegli anni stupendi… è bello rivederli mescolati con quelli delle altre ragazze e vedere quante cose alla fine abbiamo in comune!
Vi mando un abbraccio grande a tutte, è stato un piacere organizzare questa iniziativa, leggere tutti i vostri post e le chiacchiere su Twitter e su Facebook, mi è sembrato di chiacchierare davanti a un aperitivo in spiaggia con tutte voi 🙂
Beh, è venuta fuori una meraviglia di post! Direi di più, qualcosa da far studiare a scuola! Grazie davvero, per l’idea e per la realizzazione finale. E un applauso collettivo a tutte noi, ragazze!
E chi si scorda dei dollari acquistati per andare negli Stati Uniti !!!!! Nascosti in varie parti del corpo per paura di perderli o essere derubati a New York 😀
Mia mamma mi aveva cucito i reggiseni tattici con le taschine push-up per le banconote, a fine viaggio però perdevo una taglia ahahah
La parte dell’abbigliamento era un aspetto a cui in effetti non avevo pensato: le prime cose che mi sono venute in mente riguardo agli anni novanta sono state la mancanza di internet, di navigatori e di siti di recensioni alberghiere… Eppure la parte dei vestiti era fondamentale: chi se le dimentica più le terribili ciabatte di gomma? O le borse di stoffa che erano una via di mezzo tra l’equo-solidale e il patchwork della nonna?
Il mio post a tema uscirà domani, spero non sia troppo tardi per partecipare 😉
Ricorda l’hashtag #viaggi90 e tagga i nostri blog su Facebook e Twitter così ti troviamo!
Certo, questa sera appena arrivo a casa condivido!
Fatto!
Che ricordi, specie la sezione dell’abbigliamento! Anche io ero una fantatica di zoccoli di legno, braccialetti dell’amicizia e ciucci di plastica… rigorosamente accompagnati dal medaglione con le T rovesciate dei Take That 🙂
Meraviglioso tuffo nel passato!! Una carrellata di emozioni e ricordi! Grazie Paola!!